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Colonel, il cane da guerra britannico finito in mano ai talebani

Dal nostro punto di vista l’uso degli animali in guerra è moralmente discutibile e colpevolmente inutile.

Colonel, il cane da guerra britannico finito in mano ai talebani

Colonel è probabilmente un cane da guerra impiegato dagli alleati in Afghanistan: ora i talebani, in un video, sostengono di averlo catturato nel dicembre 2013 al termine di un conflitto a fuoco con un’unità nemica. Il cagnolino viene esibito come un trofeo e si vede la codina in mezzo alle zampe che prova a muoversi leggermente, anche se il peso delle armi sul dorso non dev’essere indifferente.

Secondo fonti statunitensi Colonel appartiene a un’unità britannica ed è andato perso durante un’operazione militare anti-guerriglia.

Ma chi sono i cani da guerra? Accanto alla più nota pet therapy, in ambito militare si pratica da molti anni ormai una sorta di pet detector, l’uso dei segugi per l’individuazione e la rimozione di ordigni esplosivi invisibili alle normali truppe di terra. I cani vengono bardati con sofisticati sistemi di rilevazione e di localizzazione e in più attrezzati con videocamere in modo da poter seguire a distanza di sicurezza le operazioni di sminamento. L’esercito degli USA ha fatto ampio uso di unità cinofile durante la guerra in Vietnam e attualmente sia americani che britannici usano i cani in Afghanistan nell’operazione peace keeping.

Gli studi condotti hanno messo in evidenza che i cani reagiscono in modo efficace all’addestramento impartito e gli indici di successo nelle operazioni sono altissimi, ma il rischio che ci scappi il morto – il cane, ovviamente – è sempre molto più che una mera ipotesi. Gli stessi studi, al tempo stesso, hanno mostrato che nel corso delle operazioni i segugi accumulano moltissimo stress che successivamente non riescono a gestire e a smaltire, data l’assoluta novità dell’impiego cui risultano versati, ma non abituati. I soldati di ritorno da zone di guerra mostrano sintomi gravissimi di stress e di depressione, lo stesso avviene ai cani da guerra ai quali però non vengono applicati protocolli di cura.

Tra l’altro, l’uso degli animali è moralmente discutibile e colpevolmente inutile dal momento che esistono tecnologie in grado di svolgere in modo egregio il lavoro demandato alle unità cinofile, senza dover mettere in conto l’inevitabile spargimento di sangue. Per fare un esempio, le forze armate israeliane usano da anni dei robot per individuare e far brillare mine e materiali esplosivi in generale.

Il naturale attaccamento al reparto-branco e al padrone-soldato costa molto ai cani che non di rado diventano anche facile oggetto di ritorsione da parte degli avversari.

Via | Corriere

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