Petsblog Animali selvatici Daniza e i suoi cuccioli. Petsblog intervista l’etologo Roberto Marchesini

Daniza e i suoi cuccioli. Petsblog intervista l’etologo Roberto Marchesini

“A uccidere Daniza è stata prima di tutto la nostra ignoranza”, ci dice l'etologo Roberto Marchesini

Daniza e i suoi cuccioli. Petsblog intervista l’etologo Roberto Marchesini

A distanza di qualche giorno dall’uccisione dell’orsa Daniza, quanto è accaduto si può vedere in maniera più chiara e si possono fare delle considerazioni che ci aiutano a inquadrare meglio la situazione.

Noi di Petsblog abbiamo raggiunto il professor Roberto Marchesini, etologo di chiara fama, fondatore, tra l’altro, della Scuola di Interazione Uomo Animale, e gli abbiamo posto alcune domande sul fatto in sé, su ciò che ha portato all’uccisione di Daniza e su quello che potrebbe ora accadere ai suoi cuccioli. Nel ringraziare il professor Marchesini per la squisita disponibilità mostrata, vi lasciamo alle sue parole.

Volendo riassumere in pochissime righe, cos’è che ha portato all’uccisione dell’orsa Daniza?
La totale mancanza di una cultura rispettosa della natura, non dico una minima sensibilità animalista ma proprio dei rudimenti di rapporto corretto con il territorio nel suo insieme. La cultura italiana dimostra di essere ripiegata sull’antropocentrismo più retrivo, lo dimostra non solo il modo in cui è stata affrontata la questione – mancanza di coinvolgimento di esperti, l’essere sordi ai pareri negativi degli etologi, il pressapochismo con cui si è agito – ma altresì i commenti dei presunti opinionisti che si sono susseguiti subito dopo la tragedia. Insomma, se di fronte a un evento così palesemente sbagliato si ha il coraggio da parte delle amministrazioni locali di affermare che tutto è stato fatto nel migliore dei modi e da parte dei media di cercare di relativizzare il caso, questo dimostra palesemente che a uccidere Daniza è stata prima di tutto la nostra ignoranza.

Si parla tanto di atteggiamenti pericolosi di Daniza: secondo lei, perché ci sarebbero stati? E, in ogni caso, avrebbero rappresentato un reale pericolo per l’uomo?
Avevo sottolineato nella mia prima relazione al ministro Galletti che il comportamento di Daniza era assolutamente normale anzi, ho rimarcato il fatto che una femmina con i cuccioli che si limiti a mettere in atto quel tipo di risposta – considerata altresì la forza muscolare e il potenziale offensivo in termini di zanne e artigli di un orso – va considerata estremamente equilibrata. Ricordiamo che Daniza fu ritenuta pericolosa subito dopo l’episodio che ha visto coinvolto un cercatore di funghi che si trovò a incrociarla nel bosco e non in un ambiente antropico e per un attacco che, francamente, fa ridere in termini di effettiva problematicità. Credo che Daniza rappresentasse un impedimento per altre ragioni e non per una sua concreta pericolosità; dopo l’episodio si è costruita una rappresentazione vergognosa perché chiaramente finalizzata a giustificare quanto già era stato decretato ovvero il suo allontanamento. Ecco allora che a mio avviso il primo episodio altro non era che un artificio per mettere in atto un progetto, insomma il classico esempio del casus-belli.

Dal punto di vista etologico ed ecologico, l’errore è stato ripopolare una zona dalla quale gli orsi erano andati via?
Ma qui vanno fatte considerazioni che da un punto di vista eco-eto-logico hanno ben poco da dire. Si tratta di scelte di tipo meramente economico: sia quella di ripopolare puntando su finanziamenti europei e sull’obiettivo del turismo naturalistico, sia quella di allontanare l’orsa per realizzare dei progetti a impatto ambientale considerevole. L’orso in quelle zone dell’arco alpino è autoctono e la sua presenza va al di là dell’effettivo ripopolamento, giacché non è possibile dotare gli orsi di passaporto. Il problema del rapporto dell’uomo con gli ecosistemi del suo territorio è un argomento che non può essere affrontato in modo parcellizzato e schizofrenico su orsi, lupi, linci, volpi, cinghiali e via dicendo. L’ecosistema è una realtà complessiva e come tale va considerata, partendo da un presupposto scientifico di base ovvero che un ecosistema si regge solo se tutte le componenti sono integrate e compresenti. Quindi non si tratta di porsi il problema di una singola specie bensì di definire dei piani di salvaguardia della natura in Italia come rispetto complessivo di ambienti e animali nel loro complesso, evitando che la questione naturalistica in questo paese sia affidata ai cacciatori.

Il nostro pensiero ora va ai cuccioli di Daniza: alcuni sostengono che non avranno problemi, visto che saranno seguiti dall’uomo (e ci viene da pensare: lo stesso uomo – come categoria – che ha ucciso la loro madre…), altri sostengono che invece di problemi ne avranno perché è venuta a mancare loro una figura importante come la madre: potrebbe spiegarci un po’ meglio come stanno veramente le cose?
Il problema dei cuccioli c’è e non va sottovalutato. Chi tende a sminuirlo pecca della medesima improvvisazione con cui si è affrontata la questione Daniza, e non è un caso che siano i medesimi interlocutori. Togliere la madre avrà conseguenze sulla sopravvivenza e sulla costruzione del profilo comportamentale di questi orsi poiché, anche se svezzati, i cuccioli hanno bisogno della madre per completare il proprio profilo. Sottolineo il rischio che non siano in grado di superare le sfide che si pongono loro di fronte: l’avanzare del periodo invernale, la capacità di trovare risorse alimentari, la difficoltà nel trovare un riparo per svernare, il rischio di essere aggrediti, la mancanza di esperienza. Insomma sarebbe come abbandonare un bambino di tre anni in mezzo a una metropoli ostile – senza nessuno che lo aiuti – e pensare che da solo posso sopravvivere. Oggi è necessario mettere a punto subito un progetto di tutela per questi due orsi, ovviamente pagato da chi ha combinato questo pasticcio.

Come ultima domanda, crede che un domani, che si spera non lontano, sarà possibile una convivenza pacifica tra esseri umani e animali non umani?
Non lo so, certo le cose che vedo non lasciano ben pensare. Per una convivenza pacifica sarebbe indispensabile una trasformazione culturale profonda che sappia mettere in discussione l’antropocentrismo e non solo quello di tipo etico, perché fino a quando prevarrà una filosofia umanistica che riporta ossessivamente ogni valore alla centralità dell’uomo è evidente che qualunque più piccolo pretesto o interesse dell’uomo in questa logica prevarrà sui più basilari e sacrosanti diritti del non-umano.

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