Petsblog Veterinario risponde Fattura veterinaria: cosa vogliono dire tutte le voci?

Fattura veterinaria: cosa vogliono dire tutte le voci?

Oggi andiamo a spiegare cosa vogliono dire tutte le voci presenti sulla fattura che vi rilascia il veterinario.

Fattura veterinaria: cosa vogliono dire tutte le voci?

Fattura veterinaria – Girullando sempre in rete ho notato che c’è un po’ di confusione in merito a cosa vogliano dire tutte le voci presenti nelle fatture che il veterinario vi emette. Visto che ho trovato spiegazioni a dir poco fantasiose (l’ENPAV trasformata in ENPA e via dicendo), ecco che ho deciso di illustrarvi brevemente cosa vogliono dire tutte quelle sigle e quei codici che il veterinario aggiunge in fattura. Fermo restando che non sono un commercialista, quindi darò una spiegazione estremamente pratica, sono benvenuti gli approfondimenti nei Commenti da parte di chi ne sa più di me.

Fattura veterinaria: le voci presenti

Una ideale fattura del veterinario contiene diverse voci. In alto di solito c’è il numero della fattura con l’anno di emissione (per esempio 134/2016: significa che per quel veterinario è la 134esima fattura dell’anno 2016). Segue poi la parte dove inserire i dati del proprietario a cui viene intestata la fattura: nome e cognome (per favore, evitate la solita battuta del “Nome mio o del cane?”, la sentiamo tipo dieci volte al giorno), indirizzo di residenza e codice fiscale (è obbligatorio).

A questo punto segue la fattura vera e propria, che potrebbe essere così formulata:

Visita cane 24,11 euro
Enpav 2% 0,48 euro
Totale Imponibile 24,59 euro
IVA 22% 5,41 euro
Totale fattura 30,00 euro

Cosa vogliono dire tutte quelle siglette? Dunque, l’importo segnato come Visita cane è il netto della fattura, ovvero quanto rimane in tasca al veterinario dopo aver tolto tutti i balzelli… no, non tutti, su quei 24 euro il veterinario deve ancora togliere le tasse, il costo del materiale usato, il costo dei collaboratori, il costo di corrente elettrica, acqua, gestione e manutenzione dell’ambulatorio… va beh, lasciamo perdere il discorso di quanto gli rimane dopo averci pagato tutte le tasse, altrimenti non la finiamo più.

A quei 24.11 euro di netto il veterinario per legge deve aggiungerci il 2% dell’Enpav. Ho detto Enpav, non Enpa, sono due cose distinte: l’Enpav è la cassa previdenziale dei veterinari, in pratica è la loro Inps, quella che dà loro la pensione, mentre l’Enpa è l’Ente Nazionale Protezione Animali che con la fattura non c’entra nulla. E’ che per qualche misteriosa ragione i proprietari non leggono quella “v” finale che fa la differenza e finiscono col chiedersi perché mai debbano pagare quel balzello all’Enpa. E infatti non lo pagano all’Enpa, bensì all’Enpav.

Sommando netto e Enpav, si ottiene il totale Imponibile. Ora su questo dovete aggiungerci il 22% di IVA: ringraziate lo Stato Italiano che equipara gli animali a beni di lusso e quindi vi impone di pagare il 22% in aggiunta sulle prestazioni veterinarie. Questa è una cosa su cui i veterinari si stanno battendo da tempo, riuscire ad abbassare l’IVA almeno al 10%, ma come al solito al Governo i veterinari vengono bellamente ignorati. Ribadisco che questa quota va allo Stato, non certo al veterinario.

A questo punto fai la somma e hai il totale da pagare. Una voce in più che a volte ci si trova è la Ritenuta d’Acconto, ovvero meno il 20% sul netto, ma la si fa solamente quando si fa fattura a un proprietario con Partita Iva. In questo caso, è vero che scali il 20%, ma il suddetto proprietario deve ricordarsi entro il 15 del mese successivo all’emissione della fattura di pagare la Ritenuta d’acconto al veterinario, altrimenti poi a fine anno i rispettivi commercialisti cominciano a pestare i piedi affinché tali obblighi di legge vengano assolti entro i limiti imposti. Il che spiega anche perché molti proprietari con Partita Iva preferiscano intestare le fatture a se stessi come persona fisica (quindi con codice fiscale e senza Partita Iva) e non come azienda, proprio perché puntualmente ci si scorda di pagare quella Ritenuta d’acconto ed onde evitare a fine anno telefonate a non finire ai commercialisti di ambo le parti, corse in banca e via dicendo ecco che si preferisce seguire la strada più semplice.

Perché ritengo importante questa spiegazione?

Perché ho letto in giro di tutto: gente indignata perché il veterinario al costo della prestazione aveva aggiunto la voce dell’Enpav e dell’IVA, beh, è normale, lo Stato italiano impone di aggiungerli, non è una cosa che i veterinari si inventano per farvi pagare di più. Anche perché l’Enpav va alla Cassa Previdenziale e l’IVA va allo Stato, mica al veterinario.

Ci sono veterinari che indicano il costo complessivo, Enpav e IVA inclusi (per esempio nel caso che vi ho mostrato sopra poteva dirvi: “La visita sono 30 euro in totale”) oppure potrebbe indicarvi il costo IVA e Enpav esclusa, presupponendo che poi voi sappiate fare a mente i calcoli relativi (nel mio caso vi avrebbe detto “Sono 24 euro più IVA”, poi ovviamente i centesimi dei conti sono sottintesi, in questo caso vuol dire che a quei 24 euro vanno aggiunti Enpav e IVA). In questo secondo caso di solito lo si fa per specificare da subito quanto sia il netto rispetto all’IVA.

La dottoressa veterinaria Manuela risponderà volentieri ai vostri commenti o alle domande che vorrete farle direttamente per email o sulla pagina Facebook di Petsblog. Queste informazioni non sostituiscono in nessun caso una visita veterinaria. Ricordiamo che Petsblog non fornisce in nessun caso e per nessun motivo nomi e/o dosaggi di farmaci.

Foto | ufv

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