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Gattari da legare: le case (e i gatti) dell’infanzia

Nei ricordi di una gattara, non c'è casa senza gatto.

Gattari da legare: le case (e i gatti) dell’infanzia

Quando avevo circa 8 anni, rimanevo incantata davanti allo spettacolo di una dozzina di gatti che, ogni pomeriggio, dormivano sulla tettoia del capannone di fronte la mia camera da letto. Quella era la vista più bella che potessi desiderare. Non c’erano colline, non c’era il mare, non c’era il profilo di una città d’arte. C’erano dei garage, un capannone e dei gatti. Ma la mia era una camera con vista.

Ieri ho letto una frase di Özpetek, tratta da Rosso Istanbul:

Si lasciano mai le case dell’infanzia? Mai: rimangono sempre dentro di noi, anche quando non esistono più, anche quando vengono distrutte da ruspe e bulldozer, come succederà a questa.

Quando ripenso alla mia vecchia casa, i gatti ne sono un complemento naturale, come le porte, come quegli infissi che lasciavano entrare la sabbia nei giorni di scirocco. Penso alle diverse stanze animate da tutti i gatti che abbiamo avuto: nella mia camera, dormivano sul letto; in cucina, sostavano sulla finestra. In veranda facevano la sauna nei giorni più caldi, e in sala da pranzo colonizzavano la panca.

Le case dell’infanzia non solo non si lasciano mai, ma restano abitate da tutti i loro inquilini, indipendentemente dal numero di zampe.

Foto | Flickr

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