Quando il vostro veterinario sembra diventare ossessivo sul fatto che il vostro micio ha le pulci, non lo fa per partito preso: certo, è preoccupato di una possibile allergia al morso della pulce, al fatto che vi porta le pulci in casa, potrebbe prendere la tenia, ma più di tutto è preoccupato che il gatto possa prendere l’emobartonellosi. Vediamo dunque cause, sintomi e terapia dell’emobartonellosi nel gatto.
L’emobartonellosi è provocata da un parassita epicellulare, Gram-negativo che colpisce i globuli rossi. La sua classificazione non è ancora ben chiara: al momento è classificato fra le Anaplasmataceae, ma qualcuno suggerisce di inserirlo fra i Micoplasma, ma ai nostri fini poco cambia. La patologia è diffusa fra i gatti, ma ne esiste una variante canina che però sembra manifestarsi solo nei soggetti splenectomizzati, ovvero quei soggetti a cui è stata asportata la milza.
Le vie di trasmissione dell’emobartonellosi sono:
Per comodità didattica, l’emobartonellosi è stata suddivisa in quattro fasi:
L’emobartonellosi acuta si può manifestare in gatti di tutte le età. Talvolta si hanno delle infezioni subcliniche, in cui l’unico sintomo è una lieve anemia. Tuttavia i sintomi di emobartonellosi in fase acuta sono:
Se l’anemia sopraggiunge rapidamente, avrò sintomi più severi, mentre se arriva gradualmente, magari come unico sintomo avrò una perdita di peso. Per quanto riguarda la diagnosi, durante la fase acuta potrebbe essere indicativo il ritrovamento dei parassiti nello striscio ematico. Un esame del sangue completo è richiesto per valutare lo stato dell’anemia. Occhio ai risultati dello striscio: l’assenza non significa che il gatto non è malato, ma che in quel momento non ha emobartonelle sufficienti in circolo tali da essere evidenziate. Inoltre se il gatto è già sotto terapia con le tetracicline, non vedrò parassiti nel sangue.
La terapia di base dell’emobartonellosi nel gatto si basa sulla somministrazione di tetracicline, preferibilmente la doxiciclina per via orale, in quanto ha meno effetti collaterali rispetto ad altri antibiotici della stessa classe. La somministrazione va continuata per 21 giorni. A questa nelle fasi iniziali si può associare una somministrazione di glucorticoidi, utili in questo caso per inibire l’eritrogafocitosi (ovvero i macrofagi che si mangiano gli eritrociti). Ovviamente se il gatto è abbattuto e non mangia, devono essere adottate le normali terapie di sostegno, mentre se l’ematocrito è molto basso si deve provvedere a una trasfusione di sangue. E mi raccomando, mettere con regolarità l’antipulci al gatto.
La dottoressa veterinaria Manuela risponderà volentieri ai vostri commenti o alle domande che vorrete farle direttamente per email o sulla pagina Facebook di Petsblog. Queste informazioni non sostituiscono in nessun caso una visita veterinaria.
Foto | Don O’ Brien – CanadaCow – Jo Naylor