Petsblog Gattari da legare: Qualche parola sui requisiti per le adozioni di animali

Gattari da legare: Qualche parola sui requisiti per le adozioni di animali

Mi capita spesso di leggere dei commenti sui requisiti che le associazioni richiedono agli eventuali adottanti.

Gattari da legare: Qualche parola sui requisiti per le adozioni di animali

Spesso questi requisiti vengono ritenuti troppo severi, e viene mossa l’obiezione che, mettendo tutti questi paletti, famiglie amorevoli potrebbero essere escluse, precludendo agli animali la possibilità di avere una casa. Sono perplessa, non mi è mai capitato di leggere cose del tipo “si dà in adozione solo a persone con capelli rossi” o “astenersi non laureati”. Le richieste che le associazioni fanno mi sembrano ragionevolissime: obbligo di sterilizzazione, controlli pre e post affido, no giardini.

Ma andiamo con ordine: penso che nessuno possa lamentarsi dei controlli (in realtà, a volte, capita anche questo: alcune persone si sentono offese dalla mancanza di “fiducia”). La prima nota dolente è la sterilizzazione: alcune persone la trovano una pratica crudele e contro natura. Se però pensate che la stessa associazione che vi dà l’animale si è trovata a dovergli trovare una casa perché qualcun altro non aveva fatto sterilizzare i genitori, capirete che limitare il numero di possibili randagi diventa una priorità. Una singola gatta può rimanere incinta un paio di volte l’anno, partorendo e portando avanti da 2 fino a 10 cuccioli, se sopravvivono tutti. Immaginate in una colonia con una decina di femmine cosa potrebbe accadere… Ma in fondo, alle persone che non vogliono sterilizzare i gatti tutto ciò non importa: mica li curano loro, i gattini!

Le associazioni sono soprattutto formate da volontari, e non pensate che questi volontari siano miliardari con ettari di terreno nelle proprie magioni. Sono persone normalissime, spesso studenti e giovani precari, che si indebitano pur di aiutare gli animali in difficoltà. A volte, quando qualcuno trova un animale in difficoltà e fa il proprio dovere chiamando le autorità preposte, si sente dire: “le do il numero di telefono di una volontaria che si occupa di queste cose”. Penso che sia scandaloso, un totale fallimento di un sistema che non dà i soldi per la benzina alle forze dell’ordine ma che si appoggia (anzi, si adagia) sulle risicate finanze di chi va avanti grazie a piccole donazioni di privati. Quindi, cortesemente, sterilizzate i vostri animali, perché ogni cucciolo in più peserà su qualcun altro se fortunato, o morirà di malattie o investito da un’auto se sfortunato.

E qui c’è il secondo problema: “no giardini“. Io ho curato colonie: il problema quindi non era non far uscire i gatti, ma non farli entrare in casa… Non si può avere un’idea dei gatti che sono morti a causa delle automobili. E non solo in città, ma anche in campagna. Sembrerò cinica, un mostro, ma a volte è meglio per l’animale morire subito, e non dover affrontare un terribile calvario di corse in clinica, operazioni, terapie che spesso non lo salveranno comunque. Perché non dovete pensare che il peggio sia perdere una zampetta: figuriamoci, ho avuto gatti che per anni hanno fatto acrobazie, con tre zampette (e anche con due, a essere sinceri)! Se un’associazione salva un animale investito spendendo soldi, tempo e crisi depressive per salvarlo, ha tutto il diritto di scrivere “no giardini”. Ci sono anche i casi estremi: i proprietari che non vogliono sterilizzare e che consentono l’accesso ai giardini. Se l’animale è femmina, rimarrà incinta o contrarrà qualche malattia durante la monta. Se è maschio, che c’importa? Metterà incinta qualche altra gatta e qualcun altro si farà carico dei cuccioli. Perfetto, no? Non dobbiamo mai pensare che le nostre azioni avranno conseguenze solo su noi stessi, perché la maggior parte delle volte non è così. E ci sarà sempre qualche gattaro che, mentre è tranquillo nel proprio giardino, sentirà il miagolio di gattini piccoli venire dal campo di fronte. All’inizio spererà di essersi sbagliato, ma il gattaro non sbaglia mai. “Oddio, ricominciamo…”.

Foto | Flickr

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