Petsblog Novità Informazione Roberto Roversi, i gatti, i cani e la poesia

Roberto Roversi, i gatti, i cani e la poesia

Roberto Roversi, poeta bolognese, è morto. Nelle sue poesie ci sono riferimenti a cani e gatti. Sua sono le parole de “Il duemila, un gatto e il re” di Lucio Dalla.

Roberto Roversi, i gatti, i cani e la poesia

Roberto Roversi, i gatti, i cani e la poesia

A 89 anni è morto il poeta bolognese Roberto Roversi. Seppur indirettamente, qui su Petsblog avevamo già incontrato il poeta: infatti lui è l’autore della canzone Il duemila, un gatto e il re di Lucio Dalla.

Natura e animali sono spesso presenti nell’opera di Roberto Roversi, come spiega Davide Nota:

Nella foresta semantica dell’opera di Roberto Roversi sono molti i termini ricorrenti, come il fruscio di alberi e piante o il ritorno fugace di animali di passaggio, a costituire flora e fauna di un paesaggio boschivo nel quale lettore e scrittore si incontrano e guardano negli occhi.

Roberto Roversi, i gatti, i cani e la poesiaA proposito di libri (Roberto Roversi oltre che indomabile poeta era anche libraio) ebbe a dire che lui preferiva comprare

i libri-cane. I più umili, bastardi, stazzonati, mogi, randagi, me li portavo a casa e dopo una cura di coccoina e cartone tornavano allegri a scodinzolare.

Cani e gatti sono presenti in diverse poesie di Roberto Roversi, anche se a volte in maniera un po’ “disturbante”, nel senso che sono vittime delle violenze umane e delle miserie dell’Italia (per citare il titolo di un suo celebre componimento.

Si chiede Roversi:

Che tempi si squarciano oggi?
Le case
bruciate nel sangue
non sono antiche memorie.
Gatto fra gatti, cane fra cani, cinghiale di selva e radura
ombra su asfalti dentro silenzio di mondi
cielo di fumo e nebbie di boschi bruciati.
Che tempo è questo? Senza ricordi mi perdo?

E il tema dell’asfalto, della triste morte dei gatti e della violenza sui cani lo troviamo nella poesia Una terra:

Un vagabondo canta e ruvidi
marinai ascoltano a un fanale.
Sulla strada appassiscono i gerani
bucati dai fari delle macchine,
autotreni scuotono l’asfalto,
i pioppi coprono fra lo stridio dei freni
l’agonia di un gatto sfracellato.
“A Senarica, amica di Venezia…”
fuochi verdi aprono la gola
ai cani sulle aie del monte
screziato da barbagli sereni all’orizzonte.
Il vecchio intona con pena un canto triste
e i fiori tremano, cadono,
muoiono nella polvere.

Ne Le trenta miserie d’Italia troviamo alcuni riferimenti a cani e gatti:

La miseria d’Italia numero cinque una nuvola
molto bianca una nuvola bianca
calando all’improvviso molto bianca – bianca
ha divorato il gatto steso grigio in un sole autunnale
guardava la gente passare e la gente
nella sottostante strada dentro il traffico domenicale.
Via la nuvola il gatto l’ha stretta fra i denti ciabattando furtiva
come la scia di una nave che si addentra cauta nel
porto lasciando le onde grandi del mare
io vedo come accadono le cose fiorite o sfiorite
sono lacrime di una piccola suora diseredata
ma so che cavalco sulla lama della spada
tagliente e la luce sanguina.

E ancora:

Non voglio ascoltare l’altoparlante chiamare tre volte
la signora di Stoccarda
o la madre gridare al bambino che è l’ora di cena
oggi non vedo il cucciolo del pastore abruzzese sul prato
stringersi al vecchio cane che sopporta ogni morso.

Rapidi accenni, certo. Come è rapido il passare di un gatto che cammina per via o lo scodinzolio di un cane.

Foto | Repubblica

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