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Perché i russi hanno mandato i cani nello spazio, mentre gli americani le scimmie?

Perché gli scienziati hanno mandato per primi gli animali nello spazio? E perché i russi hanno scelto i cani e gli americani le scimmie?

Perché i russi hanno mandato i cani nello spazio, mentre gli americani le scimmie?

Animali nello spazio: perché i russi hanno mandato i cani per primi nello spazio e gli americani le scimmie? Perché non l’uomo per prima? Considerate che ci trovavamo nei primi anni Sessanta, agli albori del programma spaziale: scienziati, ricercatori e medici non sapevano come avrebbero reagito le persone all’assenza di gravità e quindi scelsero di mandare per primi gli animali. Bill Britz, veterinario americano che negli anni Sessanta aveva lavorato con gli scimpanzè che volarono nello spazio, ricorda che davano per scontato che animali e esseri umano potessero sopravvivere e funzionare nello spazio, ma all’epoca non si sapeva nulla di certo.

Ma perché i russi scelsero i cani e gli americani gli scimpanzè? Partiamo dai russi: fu una ragione pragmatica. All’epoca i cani randagi affollavano le vie di Mosca. Inoltre la Russia aveva una lunga tradizione nell’uso dei cani come partner nella ricerca. Basti ricordare il lavoro di Ivan Pavlov all’inizio del secolo per quanto riguarda il condizionamento classico.

Gli americani, invece, optarono per gli scimpanzè, nonostante fossero più difficili da acquisire per via della loro maggior somiglianza fisiologica con l’uomo. E anche per la loro maggiore intelligenza: poteva essere insegnato loro a spingere determinate leve in sequenza, permettendo così loro di svolgere semplici compiti durante il volo. Cosa che era impossibile far fare a dei cani, ma ai russi questo non importava: i loro primi cosmonauti avrebbero fatto ben poco in volo, parlando di manovre di pilotaggio. Per esempio, la capsula che trasportò Yuri Gagarin, il primo uomo nello spazio, era dotata di controlli che potevano essere attivati dalla Terra: i controlli manuali erano destinati solamente alle situazioni di emergenza.

Il primo americano, invece, a volare nello spazio, Alan Shepard, dovette gestire, per contro, dozzine di interruttori, pulsanti e leve. Inoltre i sovietici pensavano che le scimmie fossero troppo umorali per poter gestire lo stress del volo.

I risultati di tali voli di prova li conosciamo ormai tutti: gli americani iniziarono nel 1948 con i macachi di Rhesus. I primi sei morirono soffocati, per esplosioni durante il volo o durante l’impatto. Britz ricorda che, però, gli scimpanzè degli anni Sessanta andarono meglio. Il primo scimpanzé nello spazio fu Ham: non solo tornò sano e salvo dalla missione, ma era anche in ottima salute e morì poi nel 1983 nello zoo che lo ospitava. Enos fu il secondo e ultimo scimpanzé a volare: anche lui sopravvisse al viaggio, ma morì mesi dopo per un’infezione batterica non correlata al volo spaziale.

Più drammatica fu la sorte dei cani sovietici inviati nello spazio. Laika fu il primo cane a completare un’orbita terrestre nel 1958, ma sappiamo che morì poco dopo il lancio per l’eccessivo calore nella capsula: la sua frequenza cardiaca e respiratoria andò alle stelle. Oleg Gazenko, principale ricercatore all’epoca, fu attanagliato dai sensi di colpa sapendo di mandare Laika in un viaggio di non ritorno. La sua morte è l’unica cosa di cui si è pentito nel corso della sua carriera. Inoltre prima del volo, Gazenko porò Laika a casa con lui per giocare un’ultima volta con i suoi figli.

La Russia smise di lanciare i cani nello spazio negli anni Sessanta, proprio quando gli Stati Uniti terminarono il loro programma con i primati. Fu così la volta dei topi sull’Apollo 17, per dimostrare che il volo fosse sicuro. E topi ci sono ancora adesso nella Stazione Spaziale Internazionale insieme agli astronauti.

Via | The Atlantic

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