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Problemi comportamentali nel cane e gatto: prognosi

Qual è la prognosi in caso di malattie comportamentali nel cane e gatto? Molto dipende dalla compliance dei proprietari.

Problemi comportamentali nel cane e gatto: prognosi

Quando si parla di problemi comportamentali nel cane e nel gatto si entra in un vero e proprio ginepraio. Se già è difficile far capire ai proprietari il concetto di malattie croniche e inguaribili o il concetto di recidive, con le malattie comportamentali si entra nel campo del “Voglio che il cane guarisca in una settimana, anche se sono sette anni che si comporta così”. Non che la medesima richiesta non venga effettuata anche nel caso di malattie metaboliche o fisiche, ma con la medicina comportamentale c’è sempre la richiesta della bacchetta magica che risolve tutti i problemi all’istante.

Problemi comportamentali nel cane e gatto: fattori che influenzano la prognosi

Il fattore cardine affinché una terapia comportamentale in un cane o gatto possa funzionare è la totale compliance del proprietario. Se il proprietario non riesce a capire quale sia la causa del problema, come deve agire per risolverlo o se non riesce a seguire quanto gli viene detto di fare dal veterinario comportamentalista, allora non ci sarà nessuna speranza di far guarire quel cane o gatto.

Il proprietario deve essere preparato a capire la causa del problema, deve essere in grado, con l’ausilio sempre del veterinario comportamentalista e/o dell’educatore cinofilo, di identificare ogni situazione problematica ai primi segni, mettendo in atto l’adeguato comportamento correttivo o sostitutivo. Esempio: cane che tira deve essere corretto subito, appena si nota che sta per accennare a tirare, non quando sono 10 chilometri che ci trascina con sé.

Cosa fare?

Nel caso abbiate un cane o un gatto con un problema comportamentale, la prima cosa da fare è prendere coscienza dell’esistenza di un problema che ha bisogno dell’aiuto di uno specialista per essere risolto (altrimenti non avreste bisogno di chiedere aiuto su internet, giusto?). Una volta fatto ciò, bisogna trovare uno specialista con cui vi troviate a vostro agio e con cui lavorate bene insieme.

Capita spesso, infatti, che le terapie comportamentali non vadano a buon fine per problemi di empatia fra proprietario e veterinario. Nuovo esempio: proprietari di una certa età che devono dare retta a veterinario giovane. Di solito questa combo è destinata a fallire perché per quanto sia competente il veterinario, la sua giovane età potrebbe indurre persone più anziane a non prestargli ascolto.

Una volta trovato il veterinario giusto (potreste doverne cambiare un po’ prima di trovare quello che fa per voi), a questo punto si lavora insieme per risolvere il problema, modificando la terapia a seconda del bisogno. Se il veterinario studia con voi un piano iniziale basandosi sulla prevedibilità del problema, sul carattere del cane, sulle disponibilità e capacità del proprietario, ma questi nel corso della terapia riscontra dei problemi nel mettere in atto tali procedure, sarebbe bene avvisare per tempo il veterinario in modo che possa adattare la terapia alle singole esigenze.

La tendenza, invece, è quella di non dire nulla al veterinario (succede anche per le malattie fisiche), salvo poi andare a lamentarsi in giro che quella terapia non funziona: se il veterinario non viene messo a conoscenza della cosa, mi spiegate come fa a modificarla? Ricordatevi che stiamo parlando di esseri viventi, non di macchine, ci va un certo grado di elasticità quando si applica una terapia ad un essere vivente.

Queste informazioni non sostituiscono in nessun caso una visita veterinaria. Ricordiamo che Petsblog non fornisce in nessun caso e per nessun motivo nomi e/o dosaggi di farmaci.

Foto | iStock

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